Quando ho iniziato a fotografare, sapevo che non potevo limitarmi ad apprendere, al piacere di fare le immagini.
Avevo il dovere di restituire quanto stavo imparando, e di far fare ad altri dei passi in avanti.
Mohamed Keita
Giunto in Italia ancora ragazzo, dopo un lungo viaggio, Mohamed Keita trova nella fotografia la sua vocazione e la sua ragione di vita. Qualche anno dopo matura l’idea di restituire quanto ha appreso ad altri giovani in Africa per offrire un’alternativa alla vita di strada e al viaggio.
Nell’agosto 2017 corona il suo sogno grazie al sostegno della Fondazione Pianoterra.
Apre uno ‘spazio’ – questo significa KENE in mandingo – a Bamako, più precisamente nel quartiere di Kanadjiguila, vasto agglomerato di case in mattoni e cemento, cresciuto nell’ultimo decennio nella periferia occidentale della capitale del Mali grazie anche all’afflusso di popolazioni immigrate dalla Costa D’Avorio e dalla Guinea.
KENE, laboratorio permanente di fotografia per ragazzi dai 10 anni in sù, è insieme spazio educativo, luogo di relazioni e di cura, e memoria viva del quartiere grazie alla produzione quotidiana di immagini.
…la macchina fotografica è una mia amica, una sorella. Ricordo tutta la gioia che ho provato quando me l’hanno regalata, la felicità di riuscire a dire con le immagini quello che stavo vivendo. Raccontare cosa vedevo, cosa ho subito. Attraverso l’immagine posso evitare di parlare. E poi, quando mostri le tue foto, nessuno pensa che tu gli stai insegnando qualcosa.
Mohamed Keita

MOHAMED KEITA
Nasce nel 1993 in Costa D’Avorio e a 14 anni deve fuggire dal suo Paese dilaniato dalla guerra civile. Dopo tre anni di viaggio attraverso la Guinea, il Mali, l’Algeria, la Libia e Malta, nel 2010 approda finalmente in Italia, dove scopre la fotografia.
Tantissime le mostre realizzate in questi anni in Italia e all’estero. Tra le tappe più significative, si segnalano Roma (Piedi, scarpe e bagagli, Camera dei Deputati, 2012; Portraits, MACRO, 2014; La mostra che non c’è, Vittoriano, 2014); i centri di cultura italiani di Londra, New York (Desperate Crossing, 2016) e Edinburgo (Happiness and Sadness, 2017); il centro culturale francese di Cracovia (Refugees, 2017); il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato (Par l’errance, 2018); Casa Testori a Milano (Appochundria, 2019); Palazzo Querini a Venezia (Rothko in Lampedusa, 2019).
Nel 2019 ha vinto la menzione speciale della giuria al “Photolux Festival” di Lucca.
GLI ASSISTENTI

SEYDOU KEITA
Insegnante di sostegno per chi non va a scuola e trait-d’union con le famiglie, accompagna i ragazzi negli esercizi di pratica sul territorio. «Da una parte il progetto è centrato sull’arte e la cultura, dall’altra sullo sviluppo duraturo. Un posto significativo ha la sfida della cittadinanza, così come la storia e la memoria. In quanto responsabile di laboratorio voglio ringraziare i ragazzi per il loro impegno».

TENIN TERRA
«Amo molto la sincerità con cui mi esprimo su questo aspetto della fotografia. La gente spesso ha l’impressione che è un lavoro che non dà vantaggi, ma ci sono aspetti sexy in questo lavoro favoloso».

NAMAKAN KEITA
24 anni, fotografo di comunità e amico di famiglia, del fratello di Mohamed. «Penso sia importante diventare fotografo per chi sogna, soprattutto per i nostri ragazzi, a patto di sapere quello che la fotografia significa veramente. Sono felice di condividere con loro le nostre esperienze, e di raggiungere tutti i giovani che hanno bisogno di aiuto e di conoscenza».

ISSA DIALLO
«Formo i bambini alla teoria della fotografia nel laboratorio KENE a Bamako. Uno spazio aperto ai bambini che vivono situazioni difficili. Li formiamo all’apprendimento del mestiere e gli diamo un’educazione alla vita sociale. Il nostro obiettivo è quello di farli divenire attori nella vita».