Dal giugno 2022 Studio KENE ha aperto la sua sede anche a Roma, nel quartiere Esquilino, dove sotto la guida di Mohamed Keita, gruppi di giovani imparano ad utilizzare lo strumento fotografico condividendo esperienze e pensieri, in un clima di grande collaborazione.

Alcuni scatti dell’attività didattica dello studio KENE

L’obiettivo principale del laboratorio è creare uno spazio di formazione e di crescita attraverso la condivisione di un medesimo interesse, ma è importante il lavoro di squadra, l’ascolto dell’altro e il progresso comune, che non deriva solo dall’impegno personale ma soprattutto dalla condivisione e dall’aiuto reciproco. Come in Mali, anche a Roma, il laboratorio non punta infatti ad essere solamente un luogo di insegnamento della tecnica fotografica, ma vuole rendere ogni lezione un’occasione unica di confronto, dove poter crescere personalmente oltre che professionalmente. Le lezioni alternano momenti di formazione teorica a quelli di pratica; Roma più in generale, e l’Esquilino in particolare, diventano luogo privilegiato per sviluppare un racconto personale, da restituire agli altri attraverso l’immagine fotografica.

Il rione Esquilino, sede del laboratorio, è conosciuto soprattutto per la sua multiculturalità, e spesso non è apprezzato per questo motivo, in realtà è un luogo dinamico dove immergersi in culture e stili di vita diversi, proprio come avviene all’interno di Studio KENE. Gli allievi provengono da realtà differenti e si portano dietro una cultura legata al loro paese di origine che li caratterizza, distinguendoli l’uno dall’altro e rendendo il laboratorio un importante luogo di arricchimento.

Alcuni scatti dell’attività didattica dello studio KENE

Presso lo Studio KENE la macchina fotografica diventa un mezzo per conoscere l’ambiente esterno ancora più a fondo e per interagire in maniera differente con la realtà in cui si vive. Per alcuni l’obiettivo è lo strumento che dà la possibilità di scrutare l’ambiente “senza essere visti”, mentre ad altri serve per conquistarsi la fiducia di chi vogliono fotografare: in entrambi i casi la macchina fotografica diventa come un terzo occhio, attraverso il quale indagare la realtà circostante.